DUE PAROLE SULLA “RIBELLIONE” COME ESPRESSIONE DI AUTONOMIA NEI BAMBINI

Quando un bambino inizia a dire “no” sin da piccolo non manca affatto di rispetto ai genitori oppure alle insegnanti, allo stesso modo nei momenti in cui sembra comportarsi da “ribelle” contro le regole imposte ed i doveri obbligati e come tale è interpretato al pari del “monello” o, come si diceva un tempo, “minore discolo”.
Se vogliamo avere degli adulti autonomi ed indipendenti, dobbiamo coltivare la sana ribellione nei bambini senza impedirne l’espressione e l’espressività con le solite mortificazioni tipiche delle nostre latitudini genitoriali e della società in generale.
Viva i monelli e viva anche il minore discolo che si permette addirittura di disegnare la maestra o la suora con qualche caricatura poco gentile, lasciamoli esprimere questi nostri figli liberamente affinchè siano capaci di misurarsi con il loro necessario bisogno di autonomia e di libertà nel corso della loro evoluzione, invece di sottometterli ad una autorità costituita spesso priva di autorevolezza ma solo dei segnali del potere, come le grida da parte di fin troppe maestre o le punizioni di quei genitori incapaci di tollerare un no da parte dei figli ai loro rigidi schemi mentali.
La pedagogia non è un insieme di regole del bon ton dell’infanzia ma insegna ai bambini anche quel sano ribellarsi per autorappresentarsi, per riconoscersi e quindi per imparare a riconoscere le giuste misure, le corrette espressioni e, soprattutto, l’autorevolezza degli adulti di riferimento e non solo la “maledetta” autorità sic et simpliciter.
Preoccupiamoci invece del linguaggio comunicativo dell’ignoranza di molti genitori trasferita nelle attitudini relazionali dei figli, dai quali ascoltiamo le bestemmie e le parolacce come un tempo si usavano le preposizioni “di a da in con super tra fra”. Preoccupiamoci invece dei mille “tipo” e “cioè” tra una parola e l’altra dei bambini e dei ragazzi, incapaci però di articolare un significato nei discorsi che non sanno più strutturare nemmeno grammaticalmente.
Un bambino che di NO determina sè stesso nella misura della sua età cronologica ma in ogni caso si rappresenta, anche se mette in imbarazzo la mamma oppure la suora o la maestra, ove il protagonista è il minore e non la suscettibilità degli adulti.
Poi, la misura di quella manifestazione di ribellione ci dirà se sia o meno il caso di interpretarla come un segnale di disagio o considerarla una sana espressione delle emozioni dei bambini, contro le quali noi adulti dovremmo avere la capacità di tolleranza, educandoli a comprendere e gestirne i contorni senza soffocarle sul nascere perchè ci danno fastidio.
Basta con lo spettro delle punizioni, con la scure delle mortificazioni, con le regole di autorità prive di autorevolezza se vogliamo realmente crescere dei futuri adulti sereni ed autonomi, come tali indipendenti e degni di vivere una vita senza essere sempre “incazzati” con la loro frustrazione mai elaborata perchè gli è stato impedito di dire di NO.
L’educazione dei bambini non ha nulla in comune con l’addestramento dell’infanzia. La prima necessità dell’autorevolezza dell’esempio e del saper fare, per la seconda basta solo un pò di autorità data dalla vincita di un concorso e qualche urlo gridato contro chi, se si azzarda a dire che le urla sono inutili, rischia anche di vedersi attribuire l’etichetta del minore discolo.
Sara