Può capitare che al mattino, pochi secondi prima di uscire per andare verso la scuola, un figlio o una figlia inizi a piangere rifiutandosi di tornare in classe facendolo in modo diverso da una classica bizza o per paura di qualche compito in particolare.

Le ragioni possono essere diverse e non necessariamente riferibili al carattere dei bambini oppure a qualche evento accaduto a scuola che possa aver spaventato o “traumatizzato” il figlio o la figlia; è importante però non imporre il “vai a scuola punto e basta” ma cercare di comprenderne i motivi senza nemmeno drammatizzare troppo perchè i bambini non sempre hanno una causa specifica per un proprio momento di malessere e, ove vi sia, non è detto che dipenda da qualcosa accaduto di recente.

Quanto sopra naturalmente se vi è un margine di tempo per farlo, perchè tra lo scuolabus con orari stretti ed il recarsi sul posto di lavoro non rimane molto spazio per fare i pedagogisti e, alla fine, quel “vai a scuola punto e basta” appare l’unica soluzione praticabile per molti genitori.

Offrire il proprio ascolto ai figli è un esercizio importante e da ripetere tutti i momenti, sapendo cogliere la differenza tra il solo sentirli ed il reale ascoltare i contenuti delle loro frasi, anche apparentemente incomprensibili o prive di un senso logico ma, proprio i bambini, hanno il pieno diritto alla loro irrazionalità grazie alla quale dovrebbero semplicemente esprimere le loro emozioni, senza il dovere di tradurle in favore dei genitori.

Siamo noi genitori che abbiamo invece il dovere di saper ascoltare, appunto, ogni eventuale disagio dei nostri figli, magari senza interpretarlo a modo nostro per poi attribuirne il significato ai figli altrimenti vi è il rischio di cucirgli addosso il nostro sentire e, non, il loro dire.

A volte basta un rimprovero urlato da una maestra abituata ad urlare per indurre un disagio nei bambini, soprattutto quelli gentili che non sono abituati alle urla in famiglia e non debbono loro stessi imporre la propria voce.

Altre volte i bambini avvertono il distacco dai genitori, anche se sono sempre stati sereni prima ma, quel giorno, per le giuste ragioni dell’infanzia, il bisogno di certezze è maggiore ed ecco perchè è importante saper trasmettere un messaggio eventualmente contrario senza deluderli o aggravvare il loro già percepito distacco.

Alcuni bambini non vogliono andare a scuola ma nemmeno restare a casa e, in questo momento, i genitori perdono realmente quella pazienza che invece dobbiamo sempre avere pur comprendendo che il girotondo dei mestoli di un tempo appare alla fantasia della madre per esempio, ma occorre saper gestire questa forma di rifiuto non tanto per oggi quanto per i giorni a seguire, perchè generalmente questi rifiuti hanno un seguito infatti.

Essere genitori significa anche saper fermare il mondo per donare le attenzioni ai figli quando questi ne hanno più bisogno e riuscire a gestire il tempo del lavoro o degli impegni con la capacità di comprendere la priorità del momento, senza imporre ai figli la prevalenza dei tempi stretti come scusa per non ascoltarli.

Un rifiuto di tornare a scuola rappresenta nella stragrande maggioranza dei casi un ordinario momento di disagio, il quale passa sia forzando i figli a raggiungere la scuola che lasciandoli tranquilli a casa ma, in alcuni casi, può essere il segnale indicatore di un disagio maggiore che complementa sia la scuola che la famiglia, magari scoprendo che poi piange anche a scuola prima di prendere lo scuolabus per tornare a casa per esempio.

La prima cosa da fare è quindi sapere se il pianto è unidirezionale oppure no, ovvero piange da casa perchè non vuole andare a scuola, oppure piange da scuola perchè non vuole tornare a casa o, come ho detto, entrambe le situazioni.

Capito questo si passa al, serio, ascolto delle emozioni dei figli se li abbiamo educati ad esprimerle naturalmente, ove anche i silenzi prolungati e le non risposte sono comunque una espressione delle loro emozioni e, non, un capriccio verso mamma o una mancanza di rispetto verso le insegnanti.

Non serve a nulla pretendere delle risposte dai bambini con delle domande imposte, anzi hanno un effetto contrario, tanto peggio se i quesiti sono rivolti con gli occhi seri, il dito puntato ed i toni severi sia da parte dei genitori che delle maestre.

I bambini hanno bisogno di gentilezza, sempre e, soprattutto, quando loro stessi non sono gentili, proprio per comprenderne i motivi.

Credere che i bambini abbiano dei problemi da bambini, considerandoli meno o poco importanti, è uno degli errori che spingono i figli a non esprimere nulla altro che l’apice del proprio disagio, quando non ce la fanno più a gestirlo e contenerlo, ora con il pianto, ora con un atteggiamento oppositivo, ora con qualche provocazione e nei mille altri modi in cui i bambini manifestano un malessere.

Se si forza il figlio che si è impuntato a non andare a scuola a tornare in classe, è importante che al suo ritorno vi sia un momento di ascolto tutto suo, dedicato, anche se rientra felice e contento e la bizza è passata.

Perchè non sempre è giusto credere che, siccome la bizza è passata, allora non occorre ascoltarlo e quindi, tutto va bene.

Sara