DUE PAROLE SUI GENITORI TRASCURATI CHE CERCANO IL SUPPORTO EMOTIVO DAI FIGLI

Sono una pedagogista, non una psicologa, per cui parlo di dinamiche psicologiche da persona semplice con una laurea magistrale anche per le persone semplici, non ho interesse a fare la dottorina con i grandi dottori e soprattutto non serve a nulla farlo con la cosiddetta casalinga di Voghera.
Ritengo importante invece proporre dei temi apparentemente difficili alla misura di chi, proprio per la difficoltà dei temi, tende ad ignorarli credendo di non avere gli strumenti per capirli oppure a negarli come generalmente avviene in chiave difensiva.
Oggi parliamo di quei genitori che a causa della loro infanzia sono cresciuti con delle lacune emotive nate dai bisogni disattesi, da una scadente percezione di cura da parte della propria madre, dai problemi di attaccamento mai elaborati e paradossalmente ancora in attesa di risposta per quelle richieste di soddisfacimento mai appagate che, adesso, rivolgono a terzi, anche verso i figli.
In letteratura si parla di “relazione di accudimento inversa” (Bowlby) quando un genitore ricerca dal figlio prediletto il supporto emotivo che in poche parole non si è strutturato durante la sua evoluzione, tanto che il figlio viene indicato come “il figlio-nonno” (Adinolfi).
Senza entrare nelle dinamiche schizofrenogene restiamo terra terra nel riflettere sui danni che questo tipo di genitori possono creare nei loro figli anche a lungo termine, ove vi è l’incapacità di sviluppare le autonomie a causa dell’ambivalenza tra il desiderio dei genitori di vedere i loro figli autonomi ed indipendenti ma allo stesso tempo questi genitori sono vincolati alle loro parti infantili primarie, causando una sorta di tira e molla tra la giusta spinta verso l’indipendenza dei figli ed il timore di perdere il contatto emotivo creato con loro, perduto il quale, si frammentano le certezze dei genitori.
Tutto questo sviluppa ansia, iperprotezione, anche camuffata da una apparente equilibrio nei rapporti in famiglia in realtà saldati dai processi di proiezione dell’ansia stessa, con il risultato di avere dei figli in lotta tra la loro vita ed il distacco dai propri genitori.
Il figlio prediletto esiste ma non significa che non si amano gli altri, con il quale si cementa il bisogno di una madre o di un padre del supporto emotivo nato dal rapporto con lui, al quale si chiede incosciamente però un carico troppo grande per la sua capacità evolutiva, seminando ansia tramite i processi proiettivi e vaglielo a dire alle mamme iperprotettive in particolare.
Ecco l’importanza per i genitori attuali, moderni quindi, di porsi in discussione per consentire ai loro figli di essere liberi dalla ansia che appartiene ai genitori stessi e, non, ai figli.
Ognuno di noi si porta dietro dei bisogni inattesi oppure attende ancora le carezze della mamma o le certezze del padre ma occorre crescere, elaborare le nostre lacune, compattarci con una maturità emotiva comunque frammentata la quale non potrà essere saldata dai nostri figli, altrimenti gli facciamo del male, dicendoci di amarli.
Sara