L’ansia è una presenza costante nella vita dei genitori, anche di quelli più zen, perchè le preoccupazioni sono tante ed i motivi per essere potenzialmente preoccupati anche ma non possiamo permettere all’ansia di dominare i nostri pensieri e la nostra vita.

Quando l’ansia prevale la vita si riduce di piacere e di voglia di essere felici, l’ansia stessa diventa un ottimo rifugio giustificativo per ogni cattivo pensiero anche il più catastrofico, fino a trasformarsi in una presenza costante dalla mattina alla sera, un substrato ordinario di stati ansiosi (ed ansiogeni) con quei picchi che oggi chiamiamo attacchi di panico.

Paura dell’imminente morte, percezioni di soffocamento, iperventilazione, tachicardia, sudori e fomicolii diffusi, perdita della percezione spazio temporale, spinta verso il basso fino a cadere o non saper restare eretti, formulazione di pensieri catastrofici per sè stessi e per i familiari i quali disegnano degli scenari di morte e di pericolo immediato. Questo è ciò che in generale avverte chi patisce un attacco di panico nelle forme e nelle misure diverse ma sempre caratterizzate da un elevatissimo indice di ansia e di paura, fino alla “paura di aver paura”.

L’approccio pedagogico agli stati ansiosi è ben diverso da quello psicologico e psicoterapeutico, sono scuole diverse con metodi certamente differenti, ove la pedagogia si concentra sulle risorse della persona mentre le altre scienze hanno anche l’eventuale supporto farmacologico per stabilizzare il tono dell’umore per esempio.

Persona la quale perde la concezione di essere un soggetto umano dotato di risorse subendo invece la trasformazione nell’oggetto preda degli attacchi di panico, vittima di sè stesso a causa di quanto un evento traumatico precedentemente vissuto possa essere la causa scatenante gli stati ansiosi, al netto della normale struttura del carattere protesa in tal senso.

Un uomo, un marito ed un padre che vive gli attacchi di panico rischia di destabilizzare tutta la famiglia, perchè prima di giungere a degli attacchi reali passa da una ampia serie di crisi ansiose, evidenti o silenti, e di comportamenti ansiogeni proiettati sugli altri, anche tramite dei momenti di conflitto che naturalmente sviluppano disagi e distanze nelle relazioni sommando disagio al disagio.

La moglie che si ritrova ad essere la spettatrice passiva del cambiamento del marito, anche divenendone il bersaglio migliore per il conflitto o per il vittimismo, perde essa stessa il senso dell’equilibrio in forza della impotenza che avverte, perchè non trova una soluzione effettiva per aiutare l’uomo, non con l’amore, non con il rinforzo, non anche “incazzandosi” per motivarlo perchè “la paura di aver paura” è il primo pensiero del marito al mattino e l’ultimo prima di addormentarsi sempre che non abbia degli improvvisi risvegli a causa dei “sogni catastrofici intrusivi”.

Dire attacchi di panico significa quindi tutto ed il suo contrario, spesso sono solo dei momenti di elevata ansia, altre volte una buona scusa per vittimizzare sè stessi e chiedere attenzioni ma, in molti casi, sono reali e fanno dei seri danni alla persona che ne soffre ed ai suoi affetti.

La pedagogia non cura gli attacchi di panico ma interagisce con la persona estraendone le risorse residue e quelle attuali per concretizzare una risposta alla paura di aver paura con gli strumenti propri della persona stessa, certamente orientata dalla professionalità della pedagogista, ma senza terapie diverse dall’approccio pedagogico o presidi farmacoligici.

Il primo passo che suggerisco di fare a questa moglie in difficoltà è quello di radicare il marito alla realtà del momento, perchè egli soffre la paura di quel che succederà a breve medio e lungo termine, a causa dei pensieri catastrofici ma, non, del momento inteso come “qui ed ora”.

“Qui ed ora” è già un potente richiamo alla realtà, al momento, durante il quale non accade ciò che il marito teme e “prevede” che accadrà, perchè preda del panico.

Dobbiamo immaginare questo uomo come una persona strappata via dal “momento” da parte di una entità ansiogena che lo rapisce, quasi un vero e proprio sequestro figurativo, da trattenere a noi quindi. Non con la forza o con qualche espressione motivazionale in stile militare bensì con tutta la dolcezza e la calma del mondo, con toni, movimenti e richiami dolci, quasi a bassa voce, lenti e scanditi ripetendo molte volte una frase che l’uomo riconosce come positiva e legata al rapporto con la moglie o con la famiglia; un richiamo ad una realtà che offre benessere, quel bene-stare di cui necessita in quel preciso momento durante il quale pensa di morire, respira a fatica, suda, non sente le braccia o le gambe, dice di non vederci più, non riesce a restare in equilibrio.

Questi sono gli attacchi di panico reali, una vera aggressione psicoemotiva importante che si converte anche nel corpo, percependo chi li subisce la sensazione di essere paralizzato per esempio, quando, poi, basta muovergli le mani e le gambe per dimostrare che non è affatto paralizzato, forse irrigidito e teso ma può muoversi se vuole, “è libero”.

Sono molte le manifestazioni di panico e non tutte attivano gli stessi meccanismi, perchè possono essere originate da traumi patiti mai elaborati o che hanno a loro volta sviluppato la PTSD, oppure nascere semplicemente dall’ansia che caratterizza il soggetto, la quale progressivamente diventa panico di fronte ad alcune specifiche situazioni.

Sono altresì numerosi i casi di pseudopanico, meri attacchi di fastidiosa ansia associati ad una vittimizzazione di sè stessi quando la realtà è troppo difficile da affrontare, ciò che in passato veniva trattato realmente con quattro ceffoni per riportare “la vittima” a più miti ragioni per risolvere delle crisi di nervi o sceneggiate di pseudopanico appunto.

In ogni caso chi si trova ad assistere ad un attacco di panico non deve mai sottovalutarne i rischi, perchè il cervello ed il cuore fanno brutti scherzi di fronte alla reale paura che il soggetto vive, anche se non vè la realtà dei fatti per provarla ma, non per questo, gioca, mente o recita.

Gli attacchi di panico sono vigliacchi perchè sfruttano le debolezze delle persone, anche di quelle considerate forti o che hanno saputo in passato affrontare e superare delle difficoltà enormi, infatti il forte che si scopre debole diventa il miglior complice degli attacchi di panico perchè tende a negarli o a camuffarli, senza mai chiedere aiuto.

La qualità del sostegno dipende naturalmente dal quadro complessivo della persona vittima di attacchi, la pedagogia è una risorsa ma con i limiti delle competenze rispetto alle situazioni per le quali occorre invece l’intervento di altri professionisti delle scienze psicologiche e psichiatriche.

Nella maggior parte dei casi gli attacchi di panico sono gestibili con le risorse della persona che li vive e con quelle delle sue reti familiari, in altri si rischia invece di dare delle false illusioni aggravando la situazione e, per questo motivo, occorre da parte mia riconoscere i confini della professione.

La moglie è la migliore “terapista” in favore del marito con il sostegno dei professionisti e con il mio se lo desidera, ma è importante comprendere che il marito non è “posseduto” da nessun diavolo o emissario del male, che non ha ricevuto malocchi o fatture di sorta ma soffre un disagio da investigare per capirne la causa e l’origine e, quindi, valutare la migliore risposta per affrontarlo, gestirlo, risolverlo.

Sara