“Quella maestra ce l’ha con mio figlio!”.

La frase che ogni generazione di genitori ha pronunciato in modi tempi e misure diverse ma sempre indicando in una insegnante, spesso donna, la fonte della somaraggine della prole che persiste nel portare a casa dei brutti voti.

Oggi più che mai possiamo incontrare le truppe mammellate formate da delle agguerite madri pronte all’assalto dell’istituto scolastico di fronte ad un rimprovero o una nota contro i figli, non più visti come dei soggetti per i quali la scuola ha una delega pubblica per la loro istruzione, bensì come degli oggetti di possesso delle stesse madri, le quali si sentono ferite nell’orgoglio senza comprendere che quel terribile “io” a cui si riferiscono costantemente, nulla ha in comune con la persona del figlio o della figlia.

L’istruzione e l’educazione hanno un significato complementare ma con percorsi diversi, ove la scuola istruisce e la famiglia educa, per quanto assistiamo alla delega di molti genitori verso le maestre anche della educazione dei bambini e per questo diventa difficile per una insegnante riconoscere i confini del suo mestiere rispetto ai doveri che il suo lavoro le impone.

La scuola pubblica, diversa per regione citta paese e villaggio, è un contenitore di esperienze e di competenze simile al cesto dei numeri della lotteria, serve quindi fortuna per avere i nostri figli degli insegnanti capaci e sereni rispetto a quelli meno formati e meno capaci di gestire lo stress che, insegnare, produce in elevata quantità specialmente oggi in presenza di una gioventù sempre meno educata e di genitori sempre più arroganti.

Non serve a nulla perciò creare i tipici conflitti che generano solo ingerenze inopportune e meno opportunità di quel continuum tra scuola e famiglia, auspicato ma latente, ben più utile ai bambini e non solo agli adulti.

La qualità formativa di un insegnante non sempre trova lo spazio idoneo per concretizzarsi nella pratica del proprio mestiere, tanto che troviamo delle bravissime matematiche insegnare invece un pessimo inglese per esempio, pur di restare nel circuito del sistema pubblico tra concorsi e chiamate che precarizzano molti insegnanti contro altri padroni di una cattedra e delle certezze ad essa associate, magari grazie al potere delle raccomandazioni e della gestione autonoma dei progetti scuola per scuola.

Possiamo quindi incontrare delle maestre del vecchio magistrale, generalmente quello delle suore, con un diploma quindi ed ancora vincolate al polso dell’autorità del ruolo e con lo strumento della punizione tipico delle suore di un tempo appunto, le quali credono così di difendere la propria autorevolezza invece confusa con l’imposizione di una autorità priva di spessore agli occhi di quei bambini ai quali è, erroneamente, richiesta la sudditanza oltre l’attenzione.

Possiamo incontrare anche delle maestre con una formazione più ricca grazie ad una laurea magistrale specifica, più concrete nella organizzazione delle competenze e meno spinte verso quella terribile autoreferenzialità che imprigiona talune insegnanti ma, non per questo, più brave delle prime; solo più complete sotto il profilo degli strumenti d’istruzione in favore dei bambini e, non, del mero addestramento degli alunni anche se confuso con qualche percorso integrativo tra corsi e corsetti non sempre realmente validi.

Lo stress è altresì un fattore importante che condiziona la serena pratica dell’insegnante, il quale può aggravare le stesse complicanze nate dalla precarietà di un contratto o dalle problematiche del tutto personali ed extrascolastiche che una maestra patisce a causa delle difficoltà nella relazione in famiglia, per una malattia oltre alle frustrazioni e per mille altre variabili esistenziali.

Le maestre da poco tempo hanno nel proprio ambiente di lavoro una opportunità di desaturare lo stress e, non sempre, sono propense a farlo con una pedagogista o psicologa delegata per timore di essere etichettate o di vedere ridotte le loro aspettative di carriera, tanto sanno che la scuola in generale è talmente “incasinata” che il loro problema alla fine si miscela con i mille altri problemi di una istituzione sulla quale la politica latita da molti anni e, tutto, rimane bello solo sulla carta.

La scuola pubblica, e per tutti, è un istituto fondamentale di ogni società ma non può esserlo solo sulla carta infatti, altrimenti rischia di trasformarsi in una sorta di legione straniera costretta a ricorrere alla sola disciplina oppure a selezionare i bravi abbandonando i meno capaci, specialmente in una epoca nella quale la presenza di alunni stranieri incide sulla organizzazione delle classi laddove molti di loro sono semplicemente garantiti nel diritto di istruzione ma privati di una reale offerta formativa, anche a causa della scadente conoscenza dell’italiano in molti casi.

Dovremmo noi pedagogisti educare i genitori e formare le insegnanti nel comprendere che navighiamo sulla stessa barca senza aver ancora imparato a gestirne i pesi e le misure, perchè siamo più spinti a identificare le dirigenze scolastiche alle quali incolpare ogni lacuna operativa e le deficienze degli alunni da risolvere manu militari per soddisfare i requisiti Invalsi

Non possiamo più essere solo un soggetto di mediazione dei conflitti che nascono sulla spinta caratteriale dei genitori e delle insegnanti e non necessariamente a causa di un reale problema dei bambini, ove quest’ultimi sono spesso vittime delle tante sigle che ne giustificano ora la scarsa attenzione ora l’iperattività, anche oltre il normale conoscere le semplici dinamiche dell’infanzia senza il bisogno di una “diagnosi” che soddisfa tutti e delega al sostegno la patata bollente.

Proprio le insegnanti di sostegno sono loro stesse sminuite nelle reali e importanti competenze che hanno, viste più come delle “badanti di disabili” rispetto a quanto in realtà possono offrire ai bambini con le difficoltà dovute ad una condizione patologica e, non, presunte sulla base di quelle sigle prive però di una seria evidenza di sintomi diagnosticabili con strumenti di riscontro e non solo basati sulla interpretazione a vista.

La scuola è una risorsa per tutti ma allo stesso tempo può creare dei seri problemi evolutivi nei bambini e nei ragazzi, in forza di una debole capacità professionale di qualche insegnante.

Non basta basarsi sulle griglie di apprendimento o sugli obiettivi caratterizzati da un rollino di marcia, investendo nel classico bravo 10 e lode della classe contro l’ormai somaro mortificato dal suo scarso impegno, è importante invece costruire il gruppo classe perchè siamo una nazione basata sul concetto di comunità e, non, sugli egoismi che portano solo ad una clanicizzazione delle competenze tramite il solo voto da raggiungere e mantenere.

I genitori dovrebbero rilassarsi e porsi in discussione, perchè il rimprovero di una maestra non è un trauma per i loro figli, allo stesso modo le maestre dovrebbero riconoscere la differenza tra un rimprovero basato sugli argomenti d’istruzione rispetto al mancato riconoscimento della loro autorità “punto e basta”.

I toni, infine, sono importantissimi nell’interagire con dei bambini in piena evoluzione, per questo suggerisco di ridurre le urla gridate dalle maestre meno capaci di avvalersi della propria autorevolezza contro l’imposizione dell’autorità, proprio perchè i bambini sono degli alunni da istruire e non dei soldati da addestrare.

Paradossalmente dovremmo avere dei luminari della scienza come maestri delle elementari e non solo nelle università superiori, proprio per offrire ai nostri figli il meglio delle capacità e non solo la volontà di tante brave maestre di vincere un concorso appena uscite dalle magistrali.

Insegnare è una scelta che impone il dovere di sapere che lavoriamo sul futuro degli alunni e, non, sulle aspettative di carriera.

Un genitore delega i propri figli ad una scuola per molte ore al giorno, tra chi se ne frega letteralmente della qualità formativa e dipende in tutto e per tutto da quel che dice la maestra e chi, invece, ha tutto l’interesse di sapere cosa fanno i figli in classe e come le maestre praticano l’insegnamento, anche ponendone in discussione quelle escursioni caratteriali della persona e, non, della maestra.

E’ difficile raggiungere un reale equilibrio in una società fin troppo veloce, che impone ai bambini ed ai ragazzi dei compiti esistenziali e non solo formativi, anche a causa di quel comportamento genitoriale sempre meno forte delle competenze richieste ad una madre e ad un padre.

Sara