La cultura tradizionale del nostro Paese in materia di relazione tra i genitori ed i figli tende ancora a portarsi dietro il peso della “colpa” e della “punizione” come espiazione delle colpe stesse un tempo generalmente definite come “peccati”.

Basta osservare qualche genitore al parco per riconoscere i segnali fisici e verbali della mortificazione come strumento comunicativo prevalente nel rapporto con i figli, anche molto piccoli; dal tono di voce elevato al dito puntato, dalle frasi rituali di rimprovero al vero e proprio “aggancio” del bambino per rimuoverlo letteralmente manu militari da una situazione.

E’ possibile inoltre ancora ascoltare dei consigli sulle sculacciate e sugli schiaffi come risorse educative per “mettere in riga” il bambino discolo o l’adolescente troppo ribelle, al pari di chi è convinto che solo qualche bel calcio nel sedere possa risolvere quei comportamenti caratterizzati dal bullismo o dall’arroganza da parte di coloro cresciuti, invece, proprio a calci nel sedere e per questo reiterano quanto appreso.

Non nego che una sculacciata o un rimprovero gridato faccia parte del mondo genitoriale in tutti i casi ma è cosa ben diversa dall’interpretare la mortificazione emotiva e psicologica come una opportunità “addestrativa” offerta ai figli al fine di renderli forti, oppure capaci di affrontare le difficoltà della vita una volta cresciuti.

Manca completamente, in molti genitori, la consapevolezza dei propri toni e della gestualità tanto sono abituati a parlare in modo “grintoso” addirittura ricostruendo gli eventi che raccontano rivivendo in alcuni casi la stessa “incazzatura” oggetto del colloquio e, questo, non solo nelle sacche tipiche dell’ignoranza ma anche in quelle cosiddette “classi” sociali più evolute.

I bambini hanno bisogno di tutto meno che di essere addestrati o rinforzati con il subire degli schiaffi o delle parole che superano anche il dolore dei ceffoni, come gli adolescenti non meritano i divieti e le imposizioni di forza come avvisi per qualche loro comportamento sbagliato.

I figli nel corso della loro evoluzione sono delle spugne che assorbono gli esempi dei loro genitori anche quando i genitori stessi non sanno di rappresentare un esempio e dobbiamo perciò ricordarci che noi adulti lo siamo sempre, motivo per cui è importante trattare il rapporto con i nostri figli con molta cura.

I genitori hanno infatti l’enorme responsabilità di gestire i ricordi futuri dei figli una volta che questi saranno degli adulti ma, anche, la loro progressiva attualità nel corso della crescita durante le fasi cronologiche dalla prima infanzia all’adolescenza, qualità che caratterizza proprio lo spessore della competenza educativa rispetto alla sola capacità addestrativa da parte genitoriale.

Gli schiaffi non hanno nessun valore educativo e nemmeno punitivo, con il rischio di avere solo dei figli “Pavlov” i quali imparano tramite uno sterile addestramento ad essere bravi senza compattarsi con la propria progressiva identità evolutiva e restando solo vincolati alle direttive genitoriali, insicuri, vulnerabili, spesso convinti di non essere capaci e così sempre protesi alla ricerca di una conferma o del controllo per timore di riconoscersi deboli e, non, forti come chi crede di renderli tramite gli schiaffi fisici e verbali.

Osservo molta rabbia in tanti genitori, sovente proiettata sui figli perchè gli adulti intolleranti alla propria frustrazione non potranno far altro che attivare le stesse dinamiche dei bambini, ovvero facendo le bizze se le cose non vanno come desiderato.

Sara