
La depressione delle madri è una complicanza che si manifesta dopo il parto, la cui durata varia in base alla situazione generale della donna che ne soffre e dalla capacità di affrontarla senza fuggirla o sottovalutarne i segnali sin dalla loro iniziale manifestazione, i quali possono essere confusi con il fenomeno denominato “baby blues” più simile ad un temporaneo stato di nervosismo e senso di inadeguatezza dal quale si sviluppa una facile irritabilità ed il pianto frequente, ma tende a ridursi nel giro di qualche settimana fino a stabilizzarsi nella nuova situazione.
Sono numerose le puerpere che tendono a nascondere il disagio che vivono per timore di essere giudicate come madri inadeguate o mogli fastidiose, raccontandosi che si tratta appunto di un naturale stato temporaneo, come spesso accade, senza però riuscire più a comprendere che proprio il lungo tempo che passa ne riduce i requisiti della temporaneità e cadendo nel pieno disturbo depressivo, con tutte le potenziali complicanze per sè stesse e per i propri figli.
La depressione post partum consente di essere prevenuta proprio perchè se ne conoscono i rischi, soprattutto in danno di quelle donne che già nel loro vivere esprimono un qualche segnale depressivo che certamente potrebbe innescarla sin dai giorni precedenti il parto stesso.
L’approccio pedagogico alla depressione post partum è ben diverso dall’intervento psicoterapeutico e farmacologico, concentrandosi sulle risorse della madre e sulle sue reti familiari di riferimento iniziando naturalmente dal marito o compagno il quale, bontà sua, rappresenta una potenziale soluzione immediata.
Il marito che chiede aiuto compie il primo necessario passo per affrontare un disturbo che non è solo di esclusiva pertinenza della puerpera, anche se la donna non comprende subito che in realtà proietta sugli altri il suo disagio e soprattutto sul nascituro, anche raggiungendo in alcuni casi una sorta di presa di distanza che appare agli occhi degli altri una manifestazione di anaffettività andando così ad arricchire il disagio stesso.
Pretendere da una moglie depressa la soluzione al suo disturbo (che disturba) imponendone quegli agiti che ella non riesce a concretizzare non serve a nulla se, non, a peggiorare la situazione innescando altri conflitti dei quali la donna e il figlio non necessitano affatto.
Come ho accennato la depressione post partum è un disturbo che può essere prevenuto conoscendone gli indici di rischio, occorre quindi pianificare un percorso mirato nel corso stesso della gravidanza, durante la quale la presenza del marito è importantissima ed altresì utile all’uomo per capire i meccanismi dei repentini mutamenti d’umore della moglie e le mille altre manifestazioni tipiche della gestazione, le quali vanno a costituire il perimetro in cui si sviluppa la depressione post partum.
Depressione che purtroppo incontra ancora quel riduzionismo culturale che caratterizza la nostra società più abituata alla superficialità rispetto che al confronto con la realtà fattuale, soprattutto di fronte alle puerpere i cui disagi sono dati per scontato credendo che tutto possa risolversi con qualche banale consiglio o con l’approssimatezza della valutazione dei segnali aspecifici e specifici della depressione post partum.
Il marito che avverte un cambiamento nel comportamento relazionale della moglie non deve però ritenere che questo sia riferito a lui, rendendosi così protagonista, bensì farsi da parte per osservare tutti quei segnali che compongono il quadro del disagio vissuto dalla puerpera prima che si traduca in un disturbo depressivo più importante.
Farsi da parte significa sostanzialmente essere capace di tollerare la frustrazione che egli stesso prova di fronte alla nuova realtà dovuta alla nascita del figlio o della figlia, significa inoltre saper offrire alla propria moglie quelle risposte emotive e relazionali utili a rinforzarla come persona che vive una difficoltà e non a rinforzare il disagio con delle espressioni mortificatorie e riduttive, pur comprendendo che non è per nulla facile interagire con una depressa in tal senso spesso oppositiva e provocatoria, oppure caratterizzata dai pensieri catastrofici che la invadono e da una passività vittimizzante in cui trova rifugio.
E’ importante comprendere che ci si interfaccia con quanto vive la donna e non con chi è quella madre, restando focalizzati proprio su quel che la moglie affronta giorno per giorno nel vivere la maternità che può rappresentarsi in una maniera del tutto diversa dalla tradizionale dottrina popolare o dalle competenze che si ritiene di possedere.
Io stessa ho sofferto dei disagi in tal senso nonostante l’esperienza della maternità e la specificità della laurea. La depressione post partum non ha un selettore nel proprio mirino, occorre così l’umiltà da parte di tutte le donne di sapersi porre in discussione di fronte ai suoi segnali, sapendo che da un lato alcune madri negano difensivamente ogni manifestazione dei sintomi e, dall’altro, vi sono coloro che invece enfatizzano anche il minimo pianto senza motivo.
Quello di cui “abbisogna” la madre che affronta la depressione è il rinforzo che nasce dalla realtà dei fatti ai quali tenerla ancorata ed ivi accompagnarla una volta che si perde nelle ipotesi catastrofiche, nel senso di inadeguatezza, nel suo stesso autoprovocatorio ed eteroprovocatorio modo di creare una difficoltà in generale.
Vede tutto nero, è sempre ansiosa, piange per nulla, non regge la fatica delle poppate, non dorme quasi mai, ipercontrolla il bambino, mi provoca sempre, non si fa più avvicinare nemmeno con le carezze, si è staccata dai parenti e dalle amiche. Queste sono le tipiche frasi ripetute dai mariti che assistono al progressivo percorso verso la depressione post partum, fino ai casi estremi in cui l’ignoranza ricorre alle fattucchiere nella convinzione che sia il nascituro la fonte del malessere e vi sia la necessità di qualche rituale mistico, come purtroppo ancora accade in alcune realtà italiane.
Per affrontare e risolvere la depressione post partum una volta diagnosticata come tale occorrono, oltre agli specialisti nei casi più seri, proprio i mariti capaci di offrire alla propria moglie tutto il rinforzo proveniente dal sentimento che li lega, dalla consapevolezza che si stanno confrontando con una situazione che coinvolge tutti contro la quale non è utile nè la distanza nè la passività ricorrendo alle madri o alle suocere e delegando loro la moglie ora fastidiosa.
La realtà dei fatti, qui ed ora, è ciò che consente alla donna di prendere coscienza degli eventi nella loro manifestazione e non ipotizzati in un quadro negativo e catastrofico. Il rinforzo delle capacità individuali della donna, ora madre, con il richiamo alla sue risorse fattuali sono un potenziale aiuto per accompagnarla verso la non-depressione mantenendo il disagio nei limiti del baby blues o affrontando una depressione post partum conclamata con gli strumenti più importanti come quelli relazionali ed emotivi dei quali la madre necessita.
Il marito di una moglie depressa dopo il parto ha il dovere di rinunciare ad ogni suo impegno per dedicarsi a lei ed al neonato, anche se la stessa moglie lo caccia via o gli rende la vita difficile, oppure sembra sminuire la figura paterna. Ha il dovere dell’intelligenza di saper tollerare ogni frustrazione e la sofferenza che nasce dal senso di impotenza per concretizzare le sue personali risorse per poi saper estrarre le risorse residue della moglie con il metodo pedagogico, canalizzando la spinta negativa della donna in un percorso sterile ed accompagnandola invece verso dei risultati positivi a brevissimo termine e da lei facilmente riconoscibili come fonti di rinforzo.
Marito che conosce le qualità della propria moglie, che ne riconosce il significato intellettivo emotivo e relazionale ora apparentemente perduto e, su queste risorse, è importante investire nel rapporto con la madre depressa contro quel che essa stessa vive e patisce senza mai identificarla nel disagio che impone a tutti.
La depressione post partum è un disturbo che può essere gestito, con il quale occorre confrontarsi radicandosi ai fatti concreti, qui ed ora.
Sara