Nel maggio del 2019 mi trovavo all’ospedale Gaslini di Genova ove mia figlia Matilde era in coma mentre la quarta gravidanza era giunta al termine e, paradossalmente, mi sono trovata ad affrontare il rischio della morte di una figlia e la nascita dell’altra allo stesso tempo.

Non sapevamo ancora nulla sull’esito della lesione cerebrale patita da Matilde, era in rianimazione e mio marito non l’ha mai lasciata restando giorno e notte fuori da quella porta insieme ad altri genitori con i loro figli allineati nei vari lettini con tutti gli strumenti diagnostici e di monitoraggio. Porta oltre la quale il destino dei figli è nelle mani dei bravi medici e del fato stesso, costringedo i genitori ad aggrapparsi ognuno alle proprie risorse, chi restando calmo e presente alla situazione, chi disperandosi, chi pregando ed imprecando.

Ascoltavo la calma di mio marito che mi invitata a restare insieme agli altri figli, i quali avevano avuto poco prima un ruolo importante durante le fasi di soccorso a Matilde fino all’arrivo dei pompieri, delle ambulanze e dell’elicottero che però non potendo vericellare ci costrinse ad usare la strada per raggiungere il Santa Corona di Pietra Ligure perchè erano iniziate le convulsioni e quindi con una staffetta della polizia verso il Gaslini a Genova.

Dopo qualche settimana fu diagnosticato il danno assonale al corpo calloso del cervello di Matilde e nacque Francesca Romana nello stesso Gaslini, ospedale in cui la permanenza della nostra numerosa Famiglia si è poi ripetuta durante la nascita di Alessandro nel 2022, il nostro quinto figlio.

Siamo persone semplici ma qualificate e l’esperienza “militare” di Fabio in particolare ci ha consentito di “prepararci” ad ogni eventuale situazione di emergenza, anche perchè abbiamo già vissuto in passato qualche momento difficile e per questo avevamo da tempo sviluppato “il gioco dell’emergenza” grazie al quale educare i figli alle procedure da attuare nei casi di pericolo.

Fabio ci ha infatti “costretto” nel corso degli anni ad imparare con dei quotidiani esercizi una serie di procedure trasformate in attività ludiche ma degne di un vero e proprio addestramento e debbo dire che grazie a quanto appreso siamo riusciti a fornire il corretto soccorso a Matilde, soprattutto sapendo cosa non-fare rispetto ai gesti da compiere, ognuno in base alla propria età e capacità.

E’ importantissimo educare ed istruire i figli, anche piccoli, alle procedure da attuare di fronte ai vari scenari delle emergenze che possono accadere nella vita di tutti i giorni, dagli incidenti stradali alle situazioni più complicate o singolari. Facendolo appunto tramite le attività ludiche che contengono però le corrette manovre ed i corretti comportamenti da adottare, dal saper chiamare i soccorsi sapendo indicare la situazione il nome e la località fino al praticare delle semplici manovre di primo soccorso e, come ho detto, riuscendo a non complicare la situazione sapendo bene che cosa non fare, ad iniziare dagli adulti nel gestire lo schock, la paura ed il panico tutelando contestualmente i bambini dalla disperazione che può dominare in questi casi.

Con Fabio siamo abilitati al primo soccorso, non solo per motivi professionali come educatori pedagogisti ma anche per il desiderio di acquisire tutte le opportunità formative per affrontare le emergenze, conoscenze che trasmettiamo ai nostri figli sia in modo generale che per le specifiche esigenze di Matilde laddove il danno assonale dovesse peggiorare e lo facciamo ancora adesso tramite “il gioco dell’emergenza”.

E’ importante inoltre non vittimizzarsi sotto nessun aspetto, sia durante l’emergenza che di fronte agli esiti di un infortunio o di una malattia; ripetersi il classico “perchè proprio a noi?” non serve a nulla se non come imprecazione, proprio perchè non siamo differenti dagli altri e questo dovrebbe spronarci nel farci trovare sempre pronti di fronte agli angoli bui della vita, sia praticamente che psicologicamente.

L’aspetto emotivo e psicologico rappresenta infatti una importante variabile di sopravvivenza, perchè riuscire a restare calmi e presenti alla situazione significa saper indicare ai soccorsi quelle informazioni che possono fare la differenza tra la vita e la morte, imparando allo stesso tempo a trasformare la calma in uno stile di vita vero e proprio.

L’ansia, la paura, il panico di fronte ad una emergenza seria sono i primi ostacoli da saper gestire, anche nel vedere la propria figlia con la testa gonfia, il sangue e la presa di coscienza della gravità dell’evento, altrimenti vi è l’elevato rischio di perdere il tempo invece prezioso per guidare i soccorsi e farsi guidare da questi nelle migliori manovre da praticare.

Educare i bambini a sapere dove posizionarsi in base al tipo di scenario, che cosa fare e che cosa non-fare simulando le emergenze con il gioco ma rendendolo sostanzialmente verosimile, educandoli così a riconoscere i punti di riferimento da indicare ai soccorsi sapendo comporne il numero e le poche parole da dire per non “perdersi” nelle domande, fino a sostenere i genitori nelle manovre di soccorso da praticare o, se sono i genitori stessi gli infortunati, sapere come agire senza i rischi di perdersi o di cadere in una ulteriore emergenza nella emergenza in corso.

Poche e progressive cose fatte bene e “saldate” nella consapevolezza dei bambini con i ripetuti “addestramenti” durante i quali comunque si divertono, anche se con quel pizzico di manifesta noia perchè alla fine “è sempre lo stesso gioco” fatto di parole chiave e di esercizi rituali tra le posizioni da assumere, cosa guardare vedere e riconoscere e come guidare i soccorsi.

La calma produce calma, diversamente dal panico che genera solo altro panico specialmente nei più piccoli, ragione per la quale “il gioco dell’emergenza” si caratterizza prevalentemente sugli aspetti psicoemotivi degli adulti e dei bambini e non solo sulla parte “tecnica” del soccorso.

Ogni emergenza può sviluppare delle ulteriori situazioni che generano ansia e preoccupazione, si pensi al danno assonale nelle sue manifestazioni di elevata gravità per esempio, di fronte alle quali occorre saper gestire l’ansia, il senso di impotenza e talvolta la disperazione che nasce dal lungo tempo, dalla stanchezza e dallo sconforto.

Si attivano inoltre in alcuni casi i meccanismi della negazione che generano alla fine “la presa di distanza” da parte degli altri, anche se parenti, quando il problema coinvolge la loro stessa sfera psicoemotiva, non sempre strutturata per confrontarsi con le sofferenze imposte dalla realtà dei fatti, giungendo nel tempo a slacciare anche dei rapporti prima più saldi.

Il senso di isolamento può assalire alcuni o rinforzare altri, spronandoli ad assumere una maggiore autonomia e compattando la relazione della famiglia senza però “clanicizzare” negativamente la situazione vissuta.

Una emergenza, una malattia, ci pongono a confronto con le risorse di cui siamo coscienti ma anche con le risorse residue che pensavamo di aver perduto oppure di non avere mai avuto, le quali necessitano del “saper fare” per non disperderne le potenzialità, anche tramite l’acquisizione di competenze specifiche ed i ripetuti momenti di “addestramento”.

La vita è una meravigliosa esperienza che ci impone dei requisiti non sempre facili da concretizzare, perchè sommersi dalla paura e, talvolta, dalla supponente ignavia che accompagna coloro che credono che “accada solo agli altri”.

Essere dei genitori richiede anche la forza di affrontare quella terribile sensazione di osservare la sofferenza dei propri figli con tutto quel che ne consegue, tra il senso di impotenza e la disperazione da contenere e superare proprio grazie al saper fare.

L’umiltà nasce dalla perfetta conoscenza dei propri limiti e non dalla passività del nascondersi dietro delle incompetenze, per questo ritengo importante delimitare i confini delle proprie risorse nella misura dei fatti concreti e, non, solo quelli sperati.

E’ importante non cadere nel vittimismo e non farsi trascinare nella vittimizzazione, perchè per alcuni la malattia o una emergenza possono trasformarsi in una sorta di polo identificativo che ne compensa i vuoti e le frustrazioni mentre, al contrario, potrebbero essere una esperienza formativa e di crescita importante per tutti i componenti della famiglia.

Il gioco rimane alla base di tutte le attività educative che richiedono il coinvolgimento dei figli nelle potenziali situazioni di emergenza, da gestire nella misura del possibile per non farsi gestire dagli eventi improvvisi ed inaspettati, anche pericolosi.

Gioco che li aiuta a conoscere e riconoscersi nelle situazioni simulate, durante le quali adottano dei veri comportamenti e praticano delle manovre reali, assumendone la prassi in modo progressivamente “automatico”.

Non esistono dei bravi e dei migliori tra i genitori, i quali si differenziano generalmente in genitori competenti e genitori incompetenti, ove la differenza è tutta nell’impegno che un padre ed una madre mettono in questo caso nell’acquisire ed esprimere ogni risorsa utile a salvare la vita ai propri figli quando i soccorsi sono ancora lontani.

Sara