L’affettività tra fratelli (e sorelle) è una naturale espressione di “sangue” che merita però una corretta educazione affinchè sia coltivata e concretizzata nel corso degli anni, attraverso una sana relazione tra i genitori ed i figli e, quindi, tra i fratelli stessi.

La madre che ha chiesto il mio aiuto perchè osserva i propri figli ancora prepuberi mentre manifestano i tanti segnali di un conflitto, evidentemente persistente, sbaglia a imputare loro (o ad uno di loro) le “colpe” dei motivi per cui non vanno d’accordo, perchè non dipende esclusivamente dal carattere e tantomeno dal segno zodiacale bensì dal clima relazionale nel quale i bambini spaziano e dal tessuto emotivo che li circonda, oltre alla capacità di esprimere le emozioni all’interno del nucleo familiare la cui qualità fa la differenza nel rapporto tra i figli.

I bambini hanno il naturale bisogno di lottare, di prevalere e di imporsi nel corso delle varie fasi evolutive e non deve spaventare nessuno il fatto che i genitori possono assistere eventualmente a delle cattiverie di un fratello contro l’altro, comportamenti che sono giustificati dai progressivi assestamenti relazionali tra i genitori i figli ed i fratelli nel normale esprimere una intolleranza, una piccola gelosia, una frustrazione e quanto accade nel regolare crescere dei bambini anche con momenti feroci tra loro.

Diversa è la situazione che persiste nel tempo e peggiora nello spessore del conflitto, generalmente innescato da un fratello prevalente sull’altro e non necessariamente prepotente o cattivo o monello o come i genitori classificano un simile comportamento che certamente disegna questo bambino come un “disagio”, tanto che alcuni genitori vanno alla rincorsa dei mille disturbi da trovare in internet temendo che il figlio sia border line invece che preda dello spettro autistico, oppure hanno paura che qualche loro avo sia stato schizofrenico fino a chi invece chiama il cartomante di turno in qualche televisione per sapere da “Gino il mago del quartino” se il figlio ha qualche fattura o maleficio che con soli 3500 euri il bravo Gino risolverà tramite il rituale con l’amuleto fatto con i tappi del fiasco del vino. Ricordo per questo che nei casi di reale necessità esistono anche i neuropsichiatri infantili, gli psicologi ed i pedagogisti che certamente costano meno e non lo dico per fare una battuta ma per la credulità che ancora pervade taluni genitori e nonni, naturalmente nel rispetto dei tanti cartomanti maghi e possessori di poteri vari contro cui non ho assolutamente nulla.

Al netto di patologie concrete o di effettivi segnali in tal senso da monitorare con l’intervento di seri professionisti, nella stragrande maggioranza dei casi la “violenza” e la “cattiveria” di un fratello contro l’altro sono riconducibili a dei fattori più terreni e facilmente riconoscibili se, solo, vi fosse da parte dei genitori la capacità di fermarsi, rilassarsi e finalmente porsi in discussione.

Iniziamo con il chiederci se il rapporto tra i genitori è sereno, forte del sentimento per il quale ci si sposa e si costruisce una famiglia, altrimenti il problema non è solo quello del figlio purtroppo. Perchè quelle unioni strumentali oppure caratterizzate dal commercio dei sentimenti sono generalmente insicure e rendono insicuri gli stessi figli, con dei genitori autoreferenziali, protesi al vittimismo ed alla vittimizzazione della loro infelicità, tanto da aspettarsi dai figli la compensazione delle loro lacune senza comprendere che in questo modo caricano i bambini di una responsabilità frustrante che raramente sanno tollerare e ne manifestano i segnali con dei comportamenti “violenti” oppure con un velo di apatia emotiva che si porteranno nel corso della loro crescita.

Una madre dice di amare i propri figli in egual misura, ma anche questo è un racconto che si fanno proprio quelle madri insicure e generalmente mortificate sin da bambine, le quali sono consapevoli di provare amore per tutti i loro figli ma non hanno una piena coscienza della espressione di questo amore nella relazione con un figlio rispetto ad un altro, ove l’insicurezza, la paura delle colpe e delle mortificazioni spinge queste donne a “preferire” il figlio che risponde alle loro esigenze, quindi quello meno problematico e più gestibile oppure esattamente corrispondente alle aspettative (strumentali) della relazione. In queste situazioni le madri tendono a “fotocopiare” gli altri figli con quello prevalente, innescando loro per prime i conflitti tra i fratelli specialmente se reiterano contro il figlio ribelle gli stessi rimproveri mortificanti che hanno a suo tempo patito e ne giustificano le insicurezze, la fuga dalle colpe e la gestione emotiva e condizionante nel rapporto con il figlio più bravo, al quale far somigliare tutti gli altri.

Un padre assente o la cui figura seppur presente è subordinata alla gestione della madre, come una scarsa cultura relazionale ed emotiva invece sostituita dalla materialità degli oggetti da acquistare e mostrare come “spessore” di un benessere, rinforzano il male-stare dei bambini anche se ben vestiti e con tutti gli accessori di rito, dai mille impegni sportivi ai corsi di danza irlandese fino ai telefonini spaziali o il dover somigliare a qualche divinità televisiva o calcistica del momento.

Allo stesso modo un padre rigido o convinto che solo una educazione “militare” possa crescere dei figli forti sani et arditi, potrà rappresentare un motivo di disagio in loro.

E’ importante comprendere che un bambino apparentemente violento ci comunica il suo disagio, rimproverarlo o mortificarlo ne aumenta solo la risposta reattiva alla frustrazione che prova, la quale sarà proiettata con ogni forma di intolleranza fisica e verbale contro il fratello o la sorella oppure contro le cose e gli animali domestici per non parlare del comportamento in classe che accumulerà i rimproveri fino a imporre al bambino una implosione o una esplosione della “rabbia” che ha dentro.

I bambini non hanno bisogno di colpe o di etichette comportamentali ma di tanto immenso ascolto, anche dei loro silenzi. Con un ascolto fatto soprattutto di silenzi da parte dei genitori, altrimenti ascoltano solo loro stessi ed impediscono ai figli di esprimere serenamente le proprie emozioni, fossero anche quelle che feriscono mamma o papà o li costringono a porsi in discussione.

Per cui le scelte sono poche, o si impara a migliorare la qualità relazionale in famiglia, riducendo le prevalenze e donando le attenzioni ai figli che non possono essere le stesse per ogni figlio, ognuno di loro è un mondo a parte, oppure non si potrà che persistere nella iperdifesa genitoriale fino a imputare al figlio ribelle una qualche patologia, una qualche fattura esoterica o più generalmente proiettargli contro la stessa frustrazione provata dalla madre e dal padre nel non saperlo gestire.

Sono madre di cinque bambini in piena età evolutiva, cosciente di avere una mia personale capacità emotiva di esprimere l’amore nei loro confronti ma tramite un linguaggio relazionale diverso per ognuno di loro. Bambini sicuri dell’amore della mamma e sereni di riconoscerne la comunicazione canalizzata nel loro modo di relazionarsi con me, il quale non può essere uguale al metodo che più mi soddisfa.

Un figlio apparentemente violento merita le carezze, non i ceffoni. Carezze che certamente respingerà ma non fate i genitori vigliacchi dicendo io c’ho provato, abbiate invece il coraggio delle emozioni anche prendendo tutto il peso del disagio che vostro figlio necessita di buttar fuori.

Sara