Quanto scrivo riguarda la mia personale esperienza di madre di cinque bambini e non solo della pedagogista ma, soprattutto, è un confronto con i risultati di quanto ho scelto di fare con i miei figli e per i miei figli sin dalla gravidanza e nel corso del primo anno di vita in particolare, durante il quale ho investito quanto più tempo possibile con loro anche tramite il contatto fisico “marsupiale” senza perciò usare passeggini o lettini o delegandone la cura a terzi come parenti o tate.

Parlo di investimento perchè tale rappresenta la scelta di organizzare i tempi e gli impegni, anche lavorativi, in favore della relazione con i figli. Motivo per cui ho rinunciato alla cosiddetta carriera per fare la madre, indirizzandomi verso il lavoro autonomo proprio per essere la madre dei miei bambini a tempo pieno.

E’ certamente difficile farlo da parte di quelle donne invece impiegate nel settore pubblico e privato che hanno degli orari obbligati e si trovano quasi sempre di fronte all’estorsione emotiva di rinunciare ad avere dei figli, o più figli, contro il rischio di perdere il lavoro o di ridurre le opportunità di carriera; ecco perchè quando parlo di maternità mi riferisco ad una scelta di vita e non solo al desiderio di formare una famiglia per poi delegare in modo prevalente per gran parte della giornata la cura dei figli a nidi, parenti e tate.

Ho infatti compiuto questa scelta di vita, ben sapendo di rinforzare il rapporto con i miei bambini ma di indebolire la consistenza patrimoniale a causa delle riduzione delle possibilità delle eventuali maggiori entrate, al netto delle particolari condizioni vissute in alcuni momenti della nostra storia.

Essere madre significa quindi riuscire sin dalla gravidanza a riconoscere le priorità tra la qualità della relazione con i propri figli rispetto alla qualità della vita sotto il profilo economico, in assenza di beni al sole, specialmente in un Paese come il nostro nel quale le famiglie sono costrette a considerare i figli come delle importanti voci di spesa e non come un investimento per i genitori e per la società.

Quando parlo di rapporto marsupiale non mi riferisco naturalmente ad una relazione simbiotica con le tipiche sfumature patologiche, ma alla presenza della madre nel primo anno di vita del nascituro e del neonato al quale far sentire proprio quella vicinanza in ogni sua forma, fisica, relazionale ed emotiva che ne trasmette tutti i benefici sia in tempo reale che nel medio e lungo periodo.

Non parlo solo della meraviglia di vivere appieno il proprio figlio dalla nascita ai primi passi autonomi, mesi durante i quali si prende coscienza della bellezza dell’essere una madre ma anche della fatica richiesta, sapendo che stiamo seminando autonomia, serenità, calma e la gioia vissuta dai figli nella sua espressione più pura perchè “hanno la mamma accanto”, la sentono, la vivono e ne ricevono tutti i benefici relazionali ed emotivi grazie al contatto diretto, senza mediatori terzi oppure una qualche distanza di contenimento.

La mia esperienza ha avuto tutti i risultati positivi sotto questo aspetto, che oggi coltivo tramite la cura del mio quinto figlio, Alessandro Quinto appunto, nato nel 2022.

Ho scelto, insieme a mio marito, di dedicare così molto tempo ai figli, sapendo Fabio di poter avvertire una sorta di senso di riduzione del nostro rapporto di coppia perchè i bambini per esempio hanno dormito nella nostra stanza durante il loro primo anno e non in una stanza dedicata con lettini e radiotrasmittenti varie, ma il buon marito è consapevole dell’importanza del “marsupio” in questo senso e ne ha tratto egli stesso i benefici.

Quel che può inizialmente apparire “troppo” nel vivere in questo modo i figli, permettendogli di trovare sempre la mamma, di non avvertirne il distacco in modo “traumatico”, di sapere che possono muoversi, scoprire e sperimentare, gattonare e raggiungere mamma in ogni momento senza particolari filtri se non il buon senso e la sicurezza, dona dei risultati importanti in termini di meno pianti oltre i giusti pianti comunicativi dei bambini e molti più sorrisi, una maggiore autonomia nel restare soli “senza” la mamma pur avendola vicino e permettendone in questo modo di svolgere le ordinarie mansioni, fino alla loro progressiva autonomia oltre i confini di casa nella serena socializzazione con gli altri bambini e nell’interazione con il mondo oltre la famiglia.

E’ un metodo che dona ai bambini una maggiore capacità di apprendimento grazie alle numerose opportunità di sperimentare oltre i confini di un oggetto di contenimento come un lettino in cui “parcheggiarli”, strutturando gli ambienti in cui farlo a misura di bambini perciò senza pretendere da loro l’attenzione a non rovinare qualche oggetto di interesse degli adulti.

I figli non sono degli accessori della casa da contenere esclusivamente nella loro bella stanzetta per esempio, non sono delle presenze ostili negli spazi riservati agli adulti, non rappresentano una minaccia agli esclusivi impegni dei genitori tra palestra, aperitivi e divertimenti vari i quali possono essere praticati in modo ridotto o con i figli stessi nella misura loro favorevole.

Essere madre è una scelta di vita anche in questo senso, la quale inizia con le obbligate rinunce alla “libertà” della gioventù e della spensieratezza perchè i figli sono “un pensiero” costante per 24 ore al giorno soprattutto nei loro primi 12 mesi di vita. Bambini che non hanno una esigenza in subordine a quelle dei genitori e della madre in particolare ma delle esigenze che si complementano alla vita della famiglia e, per questo, occorre l’equilibrio delle competenze genitoriali e delle intelligenze individuali anche nel trovare il giusto momento di spazio della mamma, senza che essere tale si trasformi in un peso eccessivo o possa sviluppare le complicanze della maternità nelle loro manifestazioni più negative.

Ho avuto ed ho tuttora bisogno dei miei spazi, non sono infatti la schiava dei miei figli, ho certamente la consapevolezza che alcune mie personali esigenze sono ora vincolate agli esclusivi interessi evolutivi dei miei figli ma non per questo mi sento meno “giovane” meno donna oppure ho perduto me stessa sotto le fatiche dell’essere madre.

Donare il “marsupio” nel primo anno di vita significa avere meno vincoli di presenza e di attenzioni verso i figli dopo il loro primo anno di vita, spesso caratterizzati da paure ed ansie e divieti o da quelle pretese sotto forma di lagne e di pianti che se troppo frequenti si trasformano in una “tortura” vera e propria.

La scelta di essere madre dona gioia e felicità tramite il prezzo della fatica di esserlo, non il contrario, ovvero l’infelicità espressa da forme depressive o dalla rassegnazione del ruolo avvertito come rinuncia a quel che si era.

Non vi sono dei protocolli obbligatori nella cura dei figli se non quelli tradizionalmente praticati come i numerosi accessori, dal passeggino 4×4 al lettino multimediale, dalla ipercura ad ogni pisciatina con cambi frequenti e creme da impalcatura fino alla paura dei mille timori potenziali fatti di diveti e di ansia, quando vi posso assicurare per esperienza diretta che vivere i figli attaccati con un marsupio forte e sicuro e “lasciarli liberi” di essere dei bambini consente di vivere i loro tempi in modo sereno, senza obligarli ai nostri tempi.

I loro tempi nel primo anno di vita sono sostanzialmente caratterizzati dal sonno e dalle poppate, dal sapere che la mamma è presente e vicina mentre sperimentano e scoprono il mondo e gli oggetti senza i dodicimila divieti ansiogeni, grazie a cui stabilizzano i propri tempi anche del sonno per esempio nella certezza del non-distacco dalla mamma, trovando in questo modo il giusto equilibrio per tutti o, almeno, questo è il nostro caso.

I bambini sereni sono tali perchè hanno dei genitori sereni, ove la serenità dei bambini non è data dalla soddisfazione di ogni loro pretesa bensì da quelle competenze genitoriali caratterizzate dal buon senso, dall’amore per le emozioni vissute e scambiate con loro, dalla consapevolezza che scegliere di essere dei genitori significa vivere una esperienza meravigliosa che richiede la capacità di strutturare le fondamenta del rapporto dei figli e con i figli sin dai primi giorni, proprio per non ritrovarsi a rincorrerli con divieti e ansie oppure sopportarne le lagne oltre la misura della giusta infanzia.

Sapere dire di “no” ai figli dopo il loro primo anno di vita per educarli alle corrette misure, anche degli spazi dei genitori, inizia con il riuscire a gestire i tanti “si” durante lo stesso primo anno di vita, ma facendolo da madri intelligenti e capaci e non come delle “schiave in fuga” che delegano oltremisura la cura dei propri figli alle giovani e giovanili nonne per esempio.

Il marsupio di cui parlo è un veicolo educativo ricco di quelle comunicazioni emotive e relazionali che fanno del rapporto madre-figli nei loro primi mesi di vita una esperienza importantissima, la quale indirizza la progressiva crescita dei figli in modo sereno e tale da vivere la genitorialità con la bellezza che l’essere una madre dona a tutte le donne.

Sara