
Lo spettro delle dipendenze rappresenta uno dei maggiori timori dei genitori, sia dei giovani adolescenti che dei ragazzi più grandi, tutti coinvolti in quelle dinamiche sociali in cui vi sono i rischi di incontrare le cosiddette “cattive amicizie” o di cadere nell’abuso delle sostanze.
La droga per i giovani è a portata di mano purtroppo, somministrata in modo subdolo come il GBL per esempio ma anche assunta come “prova” sia per curiosità che per far parte di un gruppo amicale e, in ogni caso, il rischio di cadere nella dipendenza esiste ed è presente.
Una madre mi chiede aiuto perchè teme che il figlio si droga, i cui indici sono precisi purtroppo ed entrambe sappiamo che non è più solo un timore ma occorre intervenire proprio per evitare che si trasformi in una dipendenza, la quale non è vincolata al solo tipo di sostanza assunta ma alle tante variabili che spingono i ragazzi verso lo “stonarsi” oltre il solo bere, altro insorgente problema.
Un tempo la droga era un indicatore del disagio sociale, oggi è quasi un percorso obbligato per le generazioni che sembrano essere state svuotate da quelle regole utili a contenerle nei confini del buon senso, pur nel bel mezzo delle spinte della immaturità adolescenziale alle quali tutti noi siamo stati sottoposti. Osserviamo il bere oltre i limiti e l’assumere droghe come un rituale di passaggio, stimolato purtroppo dalle innumerevoli fonti di spaccio presenti in tutte le città.
Un figlio o una figlia che cade nella chimica della droga nel lungo periodo ne diventa schiavo, per questo è del tutto inutile raccontarsi che “si smette quando si vuole” e, al contrario, è importante saper subito cosa e come fare sia per tirarlo fuori che per prevenire ogni futura ricaduta.
A questa donna dico di valutare quanto il contesto sociale e territoriale in cui vive sia ingerente nella quotidianetà del figlio, ipotizzando anche un distacco “brutale” da tutto quello che possa rappresentare un vincolo sia nelle amicizie che nel disagio interiore o familiare che lo spinge a “stonarsi”. Di fronte alle sofferenze a medio e lungo termine che un figlio tossicodipendente rappresenta in famiglia, conviene investire subito in una “nuova realtà” laddove possibile, anche abbandonando i progetti di vita o lavorativi in corso ed investire in quel che, l’intero mondo, consente di fare anche a coloro privi di risorse immediate.
Il SERT territoriale è certamente una importante opportunità ma con tutti i limiti del sistema pubblico e con le reti delle ricadute sempre tese proprio perchè vi si vive dentro, per cui si rischia di vedere il figlio impegnarsi al sert e combattere con gli spacciatori una volta uscito. Ecco l’importanza della nuova realtà altrove, con impegni diversi e personalizzati in riferimento alle singole caratteristiche del figlio oppure valutando i progetti delle tante comunità italiane, alcune delle quali molto valide.
Figlio ora visto come “un drogato ingestibile” perchè vincolato alla ricerca della sostanza ed agli ambienti di spaccio, ma che rimane una persona intelligente e con delle passioni proprie sulle quali investire ma, per farlo, occorre interrompere il flusso degli stimoli verso la droga ed il distacco dall’ambiente di residenza appare obbligatorio.
La prevenzione rimane la soluzione prevalente rispetto al dover, poi, gestire tutte le complicanze che la tossicodipendenza impone sia a chi ne è preda che a tutta la sua rete familiare, specialmente ove vi sono dei nuclei a ridotta partecipazione emotiva oppure caratterizzati dai conflitti che rendono i figli più vulnerabili anche alla droga.
Scriverò degli articoli dedicati alla prevenzione dei pericoli delle sostanze e del bere, nella misura del rispetto delle spinte adolescenziali e giovanili, tale da garantire la giusta libertà dei ragazzi per non finire prigionieri della chimica.
Sara