
E’ difficile imporre ai figli di abbandonare i telefonini quando noi genitori siamo i primi a darglieli sin da molto piccoli, anche solo per tenerli buoni e bravi altrimenti disturbano.
Per cui dovremmo prima di tutto porre noi stessi in discussione quando deleghiamo al cellulare o al computer l’attenzione dei figli, anche in buona fede credendo che sarà giusto per il tempo di finire un lavoro per poi accorgerci che abusiamo quotidianamente dello smartphone in modalità babysitter.
Io stessa combatto con Matilde e Fabio Massimo, ora alle scuole medie, quando mi chiedono di comprargli un cellulare come lo hanno i loro compagni di classe, oppure una volta tornati a casa li vedo trascorrere fin troppo tempo tra la musica di Amazon, i videogiochi ed i presunti video educativi on line che trattano i documentari.
La dipendenza dei bambini e dei ragazzi dal rapporto con i cellulari è un rischio già concreto in molti casi, tale da portarli in un mondo non solo virtuale ma soprattutto de-personalizzante e, come tale, confusivo nel loro processo evolutivo.
Occorre perciò stabilire dei tempi e dei modi precisi nell’uso di questa tecnologia in favore dei nostri figli, assolutamente positiva ma con molte trappole nascoste in essa, prima tra le quali la dipendenza relazionale con un sistema di confronto che sostanzialmente gli dona sempre ragione e quindi li soddisfa.
Un telefonino non è solo un telefonino ma anche uno strumento psicologico che ha in molte sue applicazioni ludiche e ricreative delle vere e proprie calamite psichiche che stimolano la dipendenza degli adulti e soprattutto dei più giovani.
Un videogioco non è solo un momento di spensieratezza tra la scuola e gli altri impegni ma diventa esso stesso un impegno, una sorta di scuola perchè ha delle progressive tappe di apprendimento per essere sempre più bravi, specialmente se condiviso on line con altri giocatori.
Un video da guardare anche solo per divertirsi tra “fail” e rappresentazioni sarcastiche degli eventi della vita sprona a restarvi attaccati per ore, proprio perchè ci rende sereni, divertiti, quasi rassicurati anche contro la nostra angoscia.
I bambini ed i ragazzi sono infatti rassicurati nel saper gestire le applicazioni loro dedicate, si sentono “grandi” ed hanno la piena consapevolezza delle loro gesta e, per questa ragione, molti genitori sono sereni nel vedere i loro stessi figli sereni, concentrati, capaci e apparentemente impegnati in modo tale da non “disturbare” gli adulti.
Poi, però, notiamo i loro occhi rossi, li vediamo curvi come banane, li osserviamo parlare sempre meno oppure solo di codici comunicativi compressi e privi di una più ricca sintassi e di una grammatica corretta, vincolati alla ricerca ed all’uso dei telefonini.
È perciò difficile staccarli dal cellulare e dal computer e molti genitori si chiedono come fare.
Il confronto che oggi propongo è lo stesso con il quale mi specchio, perchè mi sento impotente e spaventata contro una tecnologia che prenderà sempre più vita nella nostra vita ed in quella dei ragazzi.
Ho parlato con i miei figli insieme a mio marito (io faccio lo sbirro buono e Fabio quello cattivo) nel dire loro i limiti di utilizzo e nell’educarli ai pericoli in generale atteso che ormai tutto è in rete, anche la scuola stessa usa le applicazioni.
Abbiamo notato che per quanto ci ascoltino è proprio mentre usano il telefonino che ne sono “rapiti” e riteniamo inutile adottare dei divieti manu militari, al netto della minaccia di mio marito nel proporre ai nostri figli il cellulare in modalità invisibile, trovando invece nello stimolo verso degli altri interessi un buon polo di attenzione, anche partecipando con loro nel praticarli.
Ogni famiglia ha dinamiche tempi e interessi diversi da poter sostituire al telefonino, ricordando ai genitori che esiste anche il NO deciso come riposta alla richiesta del solo telefonino contro ogni altra opportunità.
Dipende quindi dalla qualità del rapporto con i figli, specialmente se adolescenti, al linguaggio comunicativo con il quale si parla con loro, alla relazione genitori-figli nel suo significato più ampio, la differenza tra l’essere ascoltati e l’imporre un divieto punto e basta.
Occorre impegno da parte nostra per educare i figli al corretto uso del telefonino ma, forse, dovremmo prima essere noi a saperlo gestire come babysitter.
Investiamo nella capacità di ascolto dei nostri figli ed anche nel loro buon senso oltre a delle precise regole di gestione dello strumento tecnologico, altrimenti non rimane che la modalità invisibile suggerita da mio marito, anche lui cosciente che serve a poco in realtà.
Meglio investire in prevenzione allora, cercando sin dai primi approcci dei bambini ai telefonini, di educarli ai giusti progressivi tempi di utilizzo in nome di quella maturità che noi genitori dobbiamo trasmettere ai figli soprattutto tramite la nostra autorevolezza, senza ricorrere alla sola autorità.
Sara