Se bastasse solo saper figliare per essere dei genitori il mondo sarebbe un bel posto ma, invece, occorrono delle competenze importanti per fregiarsi di cotanto titolo oltre l’anagrafica sociale di procreatori d’infanzia, non sempre degni di essere definiti genitori purtroppo.

Essere genitori è diverso dal diventarlo, perchè si sceglie di esserlo consapevoli del significato della responsabilità che ci assumiamo in prima persona nei confronti dei nostri figli, da non delegare oltremisura a terzi o imporre ai poveri nonni i quali si ritrovano molto spesso a supplire alle lacune dei loro figli, che fanno i figli ma li crescono a scartamento ridotto.

Una responsabilità che ha ben poco a vedere con il solo sostentamento o la soddisfazione di una immagine sociale di benessere materiale, richiede infatti una competenza educativa importante rispetto alla sola capacità di “addestrare” i figli ai confini delle misure che i loro genitori sanno sostenere, oltre i quali vanno in crisi e, per questo, tutto deve restare nei limiti di una gestione sovente priva di serie competenze genitoriali.

Incontriamo spesso degli adulti immaturi ed ansiogeni che diventano genitori, con carrozzine 4×4 ed un abbigliamento neonatale alla moda accompagnati dai rispettivi nonni talvolta fin troppo ingerenti, osservando i loro figli assaliti da poli-mani addosso per ogni filo di bava da pulire immediatamente o per i pannolini da cambiare ad ogni piascitina, con tanto di crema all’aloe da dipingere il culetto simil carta da parati.

Bambini con nomi evocativi di calciatori famosi oppure di soubrette televisive ove, non anche, storpiature di nomi stranieri alla “maico” oppure alla “chevinne” ma anche il mitico “ianez” quando un amico di scuola degli anni settanta di mio marito tornò in classe annunciando la nascita del fratellino e l’evidente passione del padre per lo sceneggiato Sandokan, oppure un amico della mia origine sarda che il padre chiamò Magnum, di cognome Pillai e chissà che ora non faccia realmente l’investigatore privato.

Battute a parte, il panorama attuale della genitorialità non è mutato molto dal passato, pur in presenza oggi di ragazzi qualificati sotto il profilo della formazione scolastica e dalla possibilità di viaggiare ma, sempre, vincolati alla paura dell’assunzione di quella responsabilità che l’essere genitori rappresenta.

I nostri padri e le nostre madri nati negli anni trenta del secolo scorso avevano solo il dovere di sopravvivere ai danni della guerra e ricostruisi un futuro dalla macerie delle bombe lavorando sodo, rinunciando a molto e gestendo noi figli non sempre in nome dell’infanzia, già felici di cibarci; genitori per i quali il solo vedere il figlio diventare geometra e la figlia maestra era una soddisfazione enorme contro la dispersione scolastica per raggiungere immediatamente il posto di lavoro in officina o nei laboratori artigianali.

Genitori verso i quali possiamo rimproverare una scadente qualità relazionale, anche a causa di una diffusa ignoranza emotiva, ma che dobbiamo sempre ringraziare per essere riusciti a superare i traumi di un periodo storico dal quale ben pochi hanno saputo evolversi realmente.

Essere dei genitori significa riuscire a concretizzare la pratica di una spontanea propensione naturale alla maternità ed alla paternità, da arricchire con la volontà di imparare a svolgere un ruolo “a misura di bambino”, termine che mi sentirete ripetere molto nei miei scritti. Imparando anche grazie ai pedagogisti, tanto per fare un po’ di pubblicità.

Essere genitori sgnifica superare sé stessi per raggiungere il mondo dei nostri figli, entrandovi in punta di piedi, nel quale siamo ospiti e non padroni, in cui immettere il saper essere dei genitori che stanno creascendo come tali, felici di seminare emozioni e non ansie o la vittimizzazione di una personale incapacità di tollerare i tanti momenti di frustrazione, con i quali proprio i nostri figli ci porranno a confronto.

Genitori, adulti, non necessariamente sempre seri ma portatori sani di quella gioventù baldante che dona la grinta di affrontare la vita con tutte le sue difficoltà, sapendo che i nostri figli non sono una voce di spesa sul mastrino di cassa, ma la più importante emozione con cui evolvere la Famiglia giorno per giorno.

Sara